Un primo passo verso la riapertura di una delle più rilevanti sedi museali delle Marche. E’ stata salutata così la cerimonia che ha inaugurato, a Castello al Monte, la mostra dal titolo: “Oggetti, riti, rituali. Morire a Septempeda tra I e III secolo d.C.” e che, fino alla fine di gennaio 2024, presenterà una selezione di reperti recuperati durante un’indagine archeologica condotta nel 2021 in occasione della costruzione di una nuova realtà commerciale in città. L’evento culturale è coinciso anche con la riapertura di parte del museo archeologico “Giuseppe Moretti”, le cui sale ospitano i 160 oggetti raccolti in 6 distinte teche, e con la presentazione del progetto dell’installazione artistica di ligh design “Arte e luce narrano l’antico chiostro” a cura del settempedano Francesco Vignati, un vero maestro della luce, e dello scenografo Lele Moreschi.
“Stiamo lavorando per la riapertura definitiva del museo archeologico settempedano e teniamo tantissimo a questa cosa. Dal 2019 siamo all’opera per poter rielaborare i contenuti di questa preziosa raccolta” – ha annunciato il funzionario della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Ascoli Piceno Fermo e Macerata, dottor Tommaso Casci Ceccacci, che ha curato la mostra dedicata agli oggetti, ai riti e ai rituali nell’antica Septempeda insieme a Davide Squillace della società cooperativa maceratese ArcheoLAB.
“Questo evento – è intervenuto in collegamento video il primo cittadino settempedano, Rosa Piermattei – segna un momento di grande importanza per la nostra città città, che ha una storia ricca e affascinante da condividere con il mondo. Il nostro museo archeologico è da sempre una gemma nella corona delle nostre attrazioni culturali e oggi, con la parziale riapertura di questi spazi, siamo testimoni di un passo importante verso il futuro. Le testimonianze della nostra storia millenaria – ha proseguito il sindaco – ci offrono un’affascinante finestra sulla vita quotidiana di chi ha abitato questo territorio secoli fa e ci aiutano a comprendere meglio le nostre radici e la nostra identità”.
Frutto di una collaborazione tra enti pubblici e istituzioni culturali, la mostra è il risultato degli sforzi compiuti da Soprintendenza, Regione Marche e Comune e rientra, in particolare, tra le tante attività che l’assessorato regionale alla Cultura, guidato dall’assessore Chiara Biondi che ha presieduto alla cerimonia, sta mettendo in piedi con importanti impegni anche di carattere economico. “Oltre ad essere scrigno di cultura il nostro museo archeologico – ha invece sottolineato il vice sindaco e assessore alla Cultura della Città di San Severino Marche, Vanna Bianconi – ha l’ambizione di diventare fabbrica dell’esperienza con laboratori didattici e ricostruzioni storiche, punto focale di un ampio discorso culturale nonché destinazione turistica”.
Alla cerimonia di inaugurazione hanno fatto da cornice importantissime relazioni presentate dagli ospiti di un pomeriggio dedicato alla ricostruzione di un interessantissimo spaccato di storia locale. Si sono succeduti negli interventi, aperti dopo i saluti istituzionali dall’assessore alla Cultura della Regione Marche, Chiara Biondi; il funzionario regionale dell’ufficio Cultura, Daniela Tisi, che ha parlato delle Marche in rete, il direttore della nuova Rete museale dell’Alta Valle del Potenza, Federica Galazzi, che ha presentato la realtà nata appena sei mesi fa ma che ha già posto le basi per nuovi importanti percorsi.
“Questa esposizione – ha ricordato la Galazzi – è un atto di rinascita per il tessuto culturale cittadino, un segno tangibile che indica la volontà di ricominciare. Questa finestra aperta sul passato ci permette di scrutare nelle profondità della storia e di comprendere meglio chi eravamo e come siamo mutati nel corso dei secoli. Essa si colloca all’interno delle iniziative promosse dalla Rete museale che è il frutto di un impegno congiunto tra quattro Comuni: San Severino Marche, Castelraimondo, Pioraco e Sefro. Non una semplice aggregazione di musei ma una realtà che ha l’obiettivo di connettere questo patrimonio con le comunità locali – ha proseguito la Galazzi – e che intende creare un’offerta per il rafforzamento della coesione sociale e del benessere culturale. L’arte e la cultura possono diventare l’antidoto contro il rischio di spopolamento di questi territori”.
Prima della visita al percorso espositivo l’antropologa Samantha Fusari e la restauratrice Laura Petrucci hanno invece descritto il percorso multidisciplinare che, seguito durante lo scavo archeologico, ha permesso un recupero e una conservazione degli oggetti dissotterrati rendendo poi possibile un’esposizione tematica ragionata e scientificamente corretta. Gli oggetti esposti nelle vetrine, e i testi che li accompagnano, sono dunque gli esiti del lavoro di una equipe di professionisti che, strato dopo strato e frammento dopo frammento, hanno ricostruito usi e rituali. Oltre alle strutture tombali e ai corredi l’analisi ha consentito di considerare la vera ragione d’essere delle tombe, i defunti. I reperti rinvenuti ed esposti sono oggetti in ferro, come chiodi, in legame di rame, come ornamenti e monete, ma anche in vetro, come balsamari e bottiglie. Nelle teche sono poi finiti pure spilloni in osso lavorato, piatti, lucerne, parti di anfore, coppe e coppette. Un vero tesoro quello raccolto nelle 14 tombe a rituale misto individuate dalla campagna e che rappresentano, secondo gli esperti, solo una porzione della più estesa necropoli occidentale di Septempeda individuata all’esterno della cinta muraria cittadina in aderenza al percorso viario che collegava la città a Nuceria Cammellaria e alla via Flaminia.
Agli scavi archeologici hanno lavorato la società cooperativa ArcheoLAB nelle figure del responsabile, Davide Squillace, e dei collaboratori Marina Cerquetella, Daniele Cresta, Alessandra D’Ulizia, Antonio Lidonnici, Anastasia Scolastra, l’antropologa Samanta Fusari, le restauratrici Laura Petrucci e Cristiana Giabbani. All’allestimento e al coordinamento della progettazione ha lavorato Federica Galazzi, direttore della Rete museale Alta Valle del Potenza, la direzione scientifica è stata firmata da Tommaso Casci Ceccacci della Soprintendenza e da Davide Squillace di ArcheoLab, il progetto grafico e i pannelli sono stati realizzati dalla Ante Quem. A collaborare al progetto anche Giulia Agostinelli, Marusca Pasqualini, Savino Petruzzelli e Valeria Tubaldi della Soprintendenza. Tante le presenze al taglio del nastro presieduto dall’assessore regionale Chiara Biondi: dal consigliere regionale Renzo Marinelli, alla dirigenze della Soprintendenza Beni Archeologici Etruria Meridionale, Anna Maria Moretti, dal presidente del Consiglio comunale, Sandro Granata, agli assessori Jacopo Orlandani e Michela Pezzanesi, i consiglieri Alessandra Aronne e Tiziana Gazzellini. Applausi, nella parte finale della serata, per l’inaugurazione dell’installazione “Arte e luce narrano l’antico chiostro” firmata dal set designer Lele Moreschi e dal light designer Francesco Vignati che ha curato anche l’allestimento della nuova illuminazione dello straordinario spazio di Castello al Monte finanziato grazie a un progetto della Regione.